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Industrial IoT

Industrial IoT, il World Manufacturing Forum di Cernobbio evidenzia la necessità della formazione per affrontare la rivoluzione digitale

Ormai è chiaro. Quando si parla di Industrial IoT, la trasformazione del settore industriale, e nello specifico dell’ambito manifatturiero, può avvenire solo attraverso le competenze degli operatori. Sarà necessario evolvere la formazione e aggiornare le conoscenze in loro possesso, per consentire alle industrie di affrontare la riconversione digitale. È questo il messaggio lanciato mediante il report presentato al World Manufacturing Forum di Cernobbio, che ha evidenziato anche i possibili scenari delle professioni future ricercate dalle aziende.

Lo skill gap interessa milioni di lavoratori

Il cosiddetto “skill gap” (divario delle competenze) è oggi sempre più evidente. In particolare, MC Kinsey stima che a livello mondiale, entro il 2030, saranno necessari circa 800 mln di posti di lavoro con qualifiche maggiori rispetto a quelli attuali. Eppure, l’incremento dell’automazione cancellerà circa 400 mln di posti di lavoro, con una quota significativa nelle regioni occidentali.

Infatti, anche se l’occupazionale della digitalizzazione ha un saldo positivo, è facile comprendere che il passaggio non sarà semplice. La sua attuazione richiederà l’aggiornamento delle competenze e della formazione, soprattutto per il settore industriale. Questo perché, già allo stato attuale, le imprese faticano a trovare professionisti in grado di comprendere le tecnologie legate all’ambiente di produzione (AI, realtà aumentata, ecc). Lavorare per un’Industria 4.0, infatti, non significa solo portare nuovi strumenti nelle fabbriche, quanto focalizzare i processi produttivi sulle persone. Per questo, le risorse devono essere dotate di competenze adeguate per svolgere le varie mansioni.

10 competenze necessarie per le imprese

Quindi, in un prossimo futuro, quali saranno le skill e competenze che le aziende richiederanno di più? Secondo lo studio del WMF, le caratteristiche principali saranno quelle elencate qui sotto:

  1. Alfabetizzazione digitale, ovvero l’abilità d’interagire, capire, abilitare e sviluppare nuovi sistemi di produzione digitale, tecnologie, applicazioni e strumenti
  2. Capacità di progettare soluzioni per l’analisi dei dati e AI, nonché d’interpretare i risultati in modo critico
  3. Problem solving creativo
  4. Mentalità imprenditoriale, con proattività e capacità di pensare fuori dagli schemi
  5. Capacità di lavorare in sicurezza ed efficacemente con le nuove tecnologie
  6. Mentalità interculturale inclusiva e diversificata
  7. Capacità di gestire cybersecurity, privacy e conservazione dei dati e delle informazioni
  8. Capacità di gestire l’aumento della complessità
  9. Competenze comunicative verso colleghi, strumenti IT e AI attraverso diverse piattaforme e tecnologie
  10. Apertura al cambiamento e capacità di trasformazione.

Uno sforzo formativo necessario

Infatti, non è un caso che i sei lavori emergenti evidenziati dalla ricerca abbiano pochi punti in comune con la produzione industriale tradizionale. Negli anni a venire, le aziende assumeranno soprattutto:

  • Digital Ethics Officer
  • Lean 4.0 Engineer
  • Industrial Big Data Scientist
  • Collaborative Robot Expert
  • IT/OT Integration Manager
  • Digital mentor

Si tratta di ruoli che richiedono competenze e professionalità relative ad aspetti qualitativi e cognitivi, non facili da ottenere. Le nuove professioni digitali per l’industria saranno, quindi riservate a pochi?

Tutti i governi, organizzazioni e società dovranno affrontare uno sforzo formativo straordinario. Dovranno sviluppare le politiche formative necessarie a creare quelle skill indispensabili nell’industria e nello smart manufacturing. E non basta, perché occorrerà lavorare anche sulla cattiva reputazione che circonda il settore. Ancora oggi, infatti, le fabbriche vengono considerate come un luogo di lavoro ricco di azioni ripetitive e povero di creatività.

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IoT, PoliMi: nel 2021 il mercato dell’Internet degli Oggetti supera i 7 miliardi di euro (+22%)

Secondo i dati più recenti, il 2021 è stato un anno importante per l’IoT (Internet of Things) in Italia. Infatti, si è verificata una forte crescita nel settore, pari al +22% rispetto al 2020, raggiungendo i 7,3 miliardi di euro. Questo significa che ha superato i livelli pre-Covid (nel 2019 valeva 6,2 miliardi di euro). Inoltre, l’offerta di soluzioni IoT si sta evolvendo con nuovi servizi di valore, grazie alle grandi quantità di dati raccolti dagli oggetti connessi. Infatti, attualmente il valore dei servizi ha raggiunto i 3 miliardi di euro (circa il 40% del mercato IoT totale, +25% rispetto al 2020).

In Italia, gli oggetti connessi e attivi sono già 110 milioni (poco più di 1,8 per abitante). Alla fine del 2021 sono stati registrati 37 mln di connessioni IoT cellulari (+9% rispetto al 2020), con 74 mln di connessioni abilitate da altre tecnologie di comunicazione (+25%). Di queste, una forte spinta arriva dalle reti LPWA (Low Power Wide Area), raddoppiate in un solo anno. Infatti, queste ultime sono passate da 1 a 2 mln di connessioni. Sono le applicazioni che usano tecnologie di comunicazione non cellulari a spingere il mercato, con 3,9 miliardi di euro (+30%). Crescita più contenuta, +6% a 3,4 miliardi di euro, invece, per le applicazioni che sfruttano la connettività cellulare.

Smart Factory, Smart City, Smart Building e Assisted Living

Tuttavia, ora grazie al PNRR si aprono grandi opportunità per l’Internet of Things. Molti degli investimenti previsti all’interno del Piano (Smart Factory, Smart City, Smart Building e Assisted Living) riguardano ambiti in cui l’Internet of Things può giocare un ruolo chiave, con 30 miliardi di euro complessivi. Sono questi alcuni risultati della ricerca svolta dall’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano.

Secondo Giulio Salvadori, Direttore dell’Osservatorio IoT, “Il mercato dell’Internet of Things si trova in una fase di grande sviluppo sia dal punto di vista della crescita economica che della consapevolezza dei vari attori. Aziende, PA e consumatori sono sempre più interessati a gestire da remoto asset e dispositivi smart, attivandone servizi e funzionalità avanzate”.

Per questo, nei prossimi anni affronteremo una sfida che potrà determinare il futuro delle prossime generazioni. La transizione ecologica potrà essere supportata da processi più efficienti e da strumenti smart che consentono la riduzione dei consumi di energia. In quest’ambito l’Internet Things può svolgere un ruolo importante, e proprio per questo sono quasi 30 i miliardi di euro contenuti nel PNRR che riguarderanno progetti basati su tecnologie IoT.

PNRR e Internet delle Cose

Complessivamente, le risorse del PNRR che possono interessare il mondo dell’Internet of Things IoT ammontano a 29,78 mld di euro. Di questi, 14 miliardi sono destinati ad ambiti che riguardano la Smart Factory, e 4 miliardi all’Assisted Living, in particolare riguardo la telemedicina. Per le Smart City sono previsti 2,5 mld in Rigenerazione Urbana (Missione 5), 2,5 mld per la Gestione del rischio di alluvione e del rischio idrogeologico (Missione 2), e 900 mld per una Rete idrica più digitale. In merito allo Smart Building, i temi toccati sono l’efficienza energetica e la sostenibilità. A questo sono dedicati gli investimenti destinati alle Smart Grid. Si tratta di 3,6 mld per migliorare l’efficienza della rete e aumentare la capacità, per favorire una migliore gestione della produzione distribuita di energia elettrica.

Altri interventi, invece, sono legati indirettamente all’IoT Internet of Things per consolidare l’infrastruttura abilitante. Sono quasi 7 i miliardi di euro dedicati alle reti ultraveloci (banda ultra-larga e 5G), e 8,4 miliardi sono destinati al rinnovo di mezzi di trasporto tra cui treni, autobus e navi. Ancora, 4,8 miliardi vanno alla digitalizzazione della logistica.

Industrial IoT

L’Osservatorio ha condotto un’indagine approfondita coinvolgendo 95 grandi aziende e 302 PMI italiane nell’ambito Industrial IoT. Dagli studi è emerso che ben l’80% delle grandi aziende ha attivato servizi a valore aggiunto basati sull’Internet of Things.

Giovanni Miragliotta, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Internet of Things, ha evidenziato che “In due aziende su tre il contesto legato al Covid ha avuto ripercussioni sulle decisioni di investimento in nuovi progetti di Industrial IoT. Il fatto che sia maggiore il numero d’imprese che ha deciso d’investire costituisce un segnale incoraggiante, che può essere in parte attribuito anche agli investimenti previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza in area Industria 4.0”.

Tuttavia, anche se le grandi aziende apprezzano le potenzialità di queste misure, le PMI non sanno fornire un parere su questa tematica, dimostrando tuttora una certa distanza dall’argomento. Infatti, la dimensione aziendale determina anche il livello di conoscenza dell’Industrial IoT e del sistema IoT.

A fronte di un 96% delle grandi aziende che dichiara di conoscere le soluzioni IoT per l’Industria 4.0, solo il 46% delle PMI ne ha sentito parlare. Il 69% delle grandi aziende ha avviato almeno un progetto, mentre solo il 27% delle PMI ha fatto altrettanto. Lieve la riduzione del gap tra grandi e piccole aziende rispetto al 2020 (-3%). Le PMI, quindi, non riescono ancora a pensare all’innovazione in ottica 4.0.

Internet of Things Esempi di successo

Un esempio di successo è quello relativo alle tecnologie Low Power Wide Area (LPWA) in banda non-licenziata, sempre più diffuse per lo sviluppo di soluzioni IoT grazie a una raggiunta maturità tecnologica.

A tal proposito Antonio Capone, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Internet of Things, ha spiegato che: “Il 2021 è stato un anno rilevante per le tecnologie LoRaWAN e SigFox. LoRaWAN è stato formalmente riconosciuto come standard dall’International Telecommunication Union, il principale ente di standardizzazione delle tecnologie di comunicazione. Mentre SigFox ha lavorato per consolidare la sua presenza sul mercato e sul dispiegamento di nuove reti”.

Dal punto di vista dell’interoperabilità, prosegue inoltre l’evoluzione delle tecnologie abilitanti e il rafforzamento di ecosistemi IoT. Durante il 2021 si è consolidato lo sforzo dei membri della Connectivity Standard Alliance (CSA) verso la stesura delle specifiche di Matter, il nuovo protocollo per l’interoperabilità della Smart Home. E le prime dimostrazioni, presentate a Las Vegas all’inizio del 2022, testimoniano un buon livello di avanzamento delle specifiche e della tecnologia che andrà a supporto degli standard di mercato. Si tratta di risultati incoraggianti per gli esperti del mondo IoT, e la strada è in salita.