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Osservatorio IoT

I valori di mercato secondo l’Osservatorio IoT 2022

Recentemente, l’Osservatorio IoT 2022 ha riscontrato una forte crescita di mercato, pari al 22% in più rispetto al 2020, che si attesta sui 7,3 mld di euro. Un risultato molto al di sopra dei livelli pre-Covid, poiché nel 2019 l’IoT valeva 6,2 mld di euro. Allo stesso tempo, l’offerta di nuove soluzioni IoT si sta incrementando con servizi di valore, grazie a grandi quantità di dati raccolti dagli oggetti connessi. Non a caso, il valore dei servizi dell’Internet delle Cose raggiunge quota 3 miliardi di euro, circa il 40% del mercato IoT complessivo, +25% rispetto al 2020.

Gli oggetti connessi in Italia sono 110 mln (circa 1,8 per abitante). Alla fine del 2021 sono state registrate 37 mln di connessioni IoT cellulari (il 9% in più rispetto al 2020) e 74 mln di connessioni abilitate da altre tecnologie di comunicazione (il 25% in più). Tra queste, un’enorme contributo arriva dalle reti LPWA (Low Power Wide Area) che sono raddoppiate in un solo anno (da 1 a 2 milioni di connessioni totali).

La spinta maggiore proviene soprattutto dalle applicazioni che sfruttano un sistema IoT non per cellulari, con un innalzamento del 30%, pari a 3,9 mld di euro. Una crescita contenuta, invece, quella delle applicazioni che sfruttano la connettività cellulare (+6% con 3,4 mld).

PNRR e IoT: cosa succederà a partire dal 2022

Le risorse del PNRR che interesseranno l’Internet degli Oggetti ammontano a 29,78 mld di euro. Di questi, 14 mld sono dedicati alle Smart Factories. 4 mld, invece, sono dedicati all’Assisted Living e alla telemedicina.

L’argomento delle Smart City riguarda varie “Missioni” elencate nel PNRR, con 2,5 mld di euro per la Rigenerazione Urbana (Missione 5), e altri 2,5 mld per la Gestione del rischio di alluvione e rischio idrogeologico (Missione 2). Inoltre, 900 mln saranno destinati a una rete idrica più digitale, per ridurre le perdite e ripartire i consumi.

E lo Smart Building non è da meno. A proposito di efficienza energetica e sostenibilità, parte degli investimenti sarà destinato alle Smart Grid. Nello specifico, 3,6 mld saranno impiegati per migliorare l’efficienza della rete, facilitando il passaggio al riscaldamento e al raffrescamento con le pompe di calore e migliorando la gestione dell’energia elettrica.

Oltre a questi elencati, ulteriori interventi saranno indirettamente legati alle tecnologie IoT Internet of Things, per poter consolidare l’infrastruttura abilitante. Ad esempio, circa 7 mld di euro saranno rivolti alle reti ultraveloci, con banda ultra-larga e 5G. E sono previsti anche 8,4 mld per il rinnovo dei mezzi di trasporto (treni, autobus e navi), e 4,8 mld per digitalizzare la logistica.

Internet of Things IoT, aumentano gli investimenti

Secondo l’indagine condotta dall’Osservatorio IoT 2022, con 95 grandi imprese e 302 PMI italiane coinvolte nell’Industrial IoT, emerge che l’80% delle grandi aziende ha già attivato servizi basati su Internet Things, con un aumento del 4% rispetto al 2020.

Da un lato, quindi, le grandi aziende hanno compreso appieno le potenzialità di queste nuove misure, in quanto il 70% ritiene che il PNRR porterà grandi opportunità per investire in tecnologie IoT. Dall’altro, le PMI non sanno fornire un parere sull’argomento (28% delle imprese esaminate), evidenziando una sostanziale distanza rispetto al tema.

Le dimensioni aziendale, infatti, determinano il livello di conoscenza delle applicazioni per l’Industrial IoT. Se il 96% delle grandi aziende dichiara di conoscere le soluzioni per l’Industria 4.0, solo il 46% delle piccole aziende ne ha sentito parlare. E mentre il 69% delle “big companies” ha avviato almeno un progetto, solo il 27% delle PMI si è cimentato nell’impresa.

Facendo un raffronto con il 2020, si attesta solo una lieve riduzione del gap (-3%) esistente tra grandi imprese e PMI in termini di conoscenza. L’aumento è lieve (+3%) anche per la diffusione dei progetti. Le PMI, quindi, non riescono ancora a viaggiare verso l’innovazione tecnologica 4.0.

Tecnologie LPWA

Tutte le diverse tecnologie che vanno sotto il nome di Low Power Wide Area – LPWA (banda non-licenziata) sono sempre più diffuse per lo sviluppo di soluzioni IoT, grazie a una raggiunta maturità tecnologica che si sta consolidando in modo sempre più ampio.

Il 2021, in particolare, è stato un anno rilevante per le tecnologie LoRaWAN e SigFox. Il LoRaWAN è stato riconosciuto come lo standard dall’International Telecommunication Union (ITU-T), principale ente di standardizzazione per le tecnologie di comunicazione. E SigFox sta rafforzando la sua presenza sul mercato con l’installazione di nuove reti.

Per quanto riguarda l’interoperabilità, l’evoluzione delle tecnologie abilitanti prosegue la sua strada con il rafforzamento degli ecosistemi digitali. Nel 2021, in particolare, lo sforzo congiunto delle aziende membri della Connectivity Standard Alliance (CSA) si è rivolto alla stesura delle specifiche di Matter. Si tratta del protocollo per l’interoperabilità della Smart Home, anche se in ritardo sulla timeline del 2020.

E le prime dimostrazioni, presentate al CES di Las Vegas all’inizio del 2022, testimoniano il discreto avanzamento delle specifiche oggi definite, e la crescente presenza della tecnologia a supporto degli standard aziendali nel mercato globale.

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45 milioni di euro per la dotazione iniziale del fondo per lo sviluppo di tecnologie AI, blockchain e IoT: cosa sta succedendo in Italia?

Ben 45 milioni di euro sono le risorse destinate alla dotazione iniziale del Fondo per lo sviluppo di tecnologie e applicazioni d’Intelligenza Artificiale (AI), dei sistemi basati su registri distribuiti (blockchain) e Internet of Things (IoT). Il fondo è previsto dal decreto attuativo firmato il 9 dicembre 2021 dal Mise e dal Ministro dell’Economia e delle Finanze. Questo strumento ha l’obiettivo di promuovere la competitività del sistema imprenditoriale italiano con progetti di ricerca e innovazione legati al programma Transizione 4.0. In particolare, AI e blockchain sono due tematiche strategiche per lo sviluppo socio-economico che nei prossimi anni conquisterà i mercati.

Il panorama internazionale

La comunità internazionale e gli organi internazionali tra cui il G7, il G20, l’OCSE, la Commissione europea e le Nazioni Unite, già da anni portano avanti progetti, consultazioni pubbliche e proposte di regolamentazione che hanno come oggetto queste tecnologie. Nel 2019 l’OCSE ha adottato i cosiddetti Principi di Intelligenza artificiale, le prime regole internazionali concordate dai Governi per la gestione responsabile dell’intelligenza artificiale. E non solo, perché attraverso il Global Blockchain Policy Centre l’OCSE studia la blockchain identificando possibili approcci politici e normativi.

Nell’aprile 2021 la Commissione Europea ha creato una proposta di regolamento per l’AI, oggetto di dibattito delle riforme dell’Unione Europea come anche la problematica della regolamentazione sull’utilizzo delle blockchain. Inoltre, nel febbraio 2020 la Commissione per la comunicazione al Parlamento Europeo “Shaping Europe’s digital future” ha ribadito l’importanza della Blockchain inserendola fra le key action, con ampi piani di finanziamento di progetti pilota.

Il contesto italiano

Di pari passo con gli sviluppi internazionali, l’Italia aveva avviato nel 2018 un ambizioso progetto d’implementazione di una strategia nazionale sia per l’AI che per le blockchain. Il progetto è poi sfociato nella pubblicazione del Programma Strategico per l’Intelligenza Artificiale (IA) 2022-2024 del 24 novembre 2021; eppure, in materia di Blockchain è rimasto fermo alla consultazione pubblica conclusa il 20 luglio 2020.

Grande è però l’importanza delle due tematiche, anche per la centralità che rivestono sul piano politico, economico e sociale dei paesi, per l’elaborazione di strategie per la transizione al digitale.

La strategia nazionale sulla blockchain

Già nel 2018 si sono verificati due eventi di rilievo per la Blockchain in Italia, a partire dall’art. 8-ter del “decreto Semplificazioni 2019” (D.L n. 135/2018). Con quest’ultimo, infatti, è stata introdotta nel nostro ordinamento una disciplina delle tecnologie basate sulla blockchain e sugli smart contract. Queste disposizioni restano tuttora non applicate, poiché l’operatività venne subordinata all’emanazione da parte dell’Agenzia per l’Italia digitale degli standard tecnici che queste tecnologie avrebbero dovuto possedere: emanazione mai avvenuta.

Il secondo slancio di rilievo si è verificato quando, nel 2018, il Ministero dello Sviluppo Economico ha selezionato un gruppo di trenta esperti per fornire un quadro della situazione attuale e dei possibili sviluppi e ricadute socio-economiche derivanti da queste tecnologie. Il gruppo di esperti ha elaborato il documento “Proposte per una strategia italiana in materia di tecnologie basate su registri condivisi e Blockchain”, con le linee guida da seguire per definire il contesto della strategia nazionale.

Peraltro, nel documento si formulano delle raccomandazioni necessarie a favorire la diffusione della Blockchain, e si indicano le priorità su cui concentrare il sostegno finanziario, l’attività formativa e informativa, e lo sviluppo del quadro regolamentare, tenendo conto dei possibili scenari evolutivi di questa tecnologia.

Al fine di raccogliere osservazioni, suggerimenti o ulteriori elementi utili, il documento è stato quindi oggetto di consultazione pubblica dal 18 giugno al 20 luglio 2020. In modo che il Governo potesse poi redigere una strategia nazionale per Blockchain e registri distribuiti.

Blockchain, il ritardo

Ad oggi, purtroppo, non risulta che il Governo abbia divulgato materiali contenenti gli esiti della consultazione pubblica o la strategia nazionale in merito alla blockchain.

L’ampio ritardo non sembra essere giustificato da osteggiamento politico. Il Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi, allora presidente della Bce, rispondendo ad alcune domande nell’ambito dell’iniziativa #AskDraghi (Twitter, 13 febbraio 2018), ha affermato di essere “molto interessato” alla tecnologia blockchain, in quanto capace di efficientare alcuni processi. Inoltre ha aggiunto che questa “nuova promettente tecnologia probabilmente sosterrà l’economia e creerà molti benefici”. Ora, quindi, occorre solo concludere i lavori.

AI, la strategia nazionale

Gli esiti sono molto diversi, invece, per la definizione della strategia nazionale sull’AI. Infatti, pare che il governo stia riversando maggiore attenzione e risorse finanziarie su questa tematica. In seguito all’esito dell’ultima consultazione pubblica, conclusasi il 31 ottobre 2020, è arrivato il Programma Strategico per l’Intelligenza Artificiale (IA) 2022-2024 frutto del lavoro congiunto del Ministero dell’Università e della Ricerca, del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale.

Questo documento è uscito dopo poco tempo dalla pubblicazione dell’AI watch, national strategies on artificial intelligence, analisi congiunta della Commissione Europea e dell’OECD, in cui si descrivono le strategie dei Paesi UE nel settore AI, che è uno di quelli a cui affidare la ripresa del vecchio continente. Dai dati emerge che, dei 28 Paesi analizzati, alcuni già da anni si sono dotati di documenti strategici, diversamente dall’Italia, Romania, Grecia, Irlanda, Croazia, Belgio e Austria, che ne sono o erano sprovvisti. Il Programma Strategico per l’AI è in linea con la Strategia Europea delineata nel “Coordinated Plan on Artificial Intelligence 2021”, e prevede 24 politiche da implementare nei prossimi tre anni per potenziare il sistema AI in Italia. Un’implementazione che sarà messa in atto attraverso la creazione e il potenziamento di competenze, ricerca, programmi di sviluppo e applicazioni di questa tecnologia.

Piani operativi

L’obiettivo di queste politiche, da finanziare con investimenti europei e nazionali, è di rafforzare la ricerca e incentivare il trasferimento tecnologico, per rendere il Paese un player internazionale sull’AI competitivo a livello globale. In questa prospettiva, il Programma Strategico per l’AI ha individuato le aree prioritarie e le politiche d’intervento con iniziative per i “talenti e competenze”, per cui sono previste azioni tese ad aumentare il numero di dottorati e attrarre in Italia i migliori ricercatori. E non basta, perché il Programma include politiche per promuovere corsi e carriere nelle materie STEM.

Decisive anche le politiche necessarie a rafforzare la struttura del sistema di ricerca italiano nell’AI, favorendo le collaborazioni tra il mondo accademico e della ricerca, l’industria, gli enti pubblici e la società. Questo avverrà incentivando la creazione di nuove cattedre di ricerca sull’AI, la promozione di progetti per stimolare il rientro in Italia di professionisti del settore, e finanziamenti di piattaforme per la condivisione di dati e software a livello nazionale.

L’ultima area di intervento riguarda le politiche finalizzate all’estensione dell’uso dell’AI nelle industrie e nella PA. Questo per supportare la “Transizione 4.0”, favorire la nascita e la crescita d’imprese innovative e supportarle nella sperimentazione dei prodotti del settore. Il tutto anche attraverso il rafforzamento dell’ecosistema GovTech in Italia. Quest’ultima misura, per esempio, prevede l’introduzione di bandi periodici per supportare le start-up che offrono soluzioni AI per risolvere i problemi critici del settore pubblico.

Da un punto di vista economico, l’intero programma di sviluppo della strategia dovrebbe essere finanziato dal budget pubblico con 888 milioni per i primi 5 anni, a cui saranno aggiunti altri 605 milioni provenienti da contributi privati.

Sfide da affrontare

Da notare che queste tecnologie lasciano ancora spazio a numerosi interrogativi. Al di là delle problematiche sulla protezione e il trattamento dei dati personali degli utilizzatori e la cyber security in generale dei sistemi basati sulla AI, ci sono due elementi cruciali con cui si dovrà confrontare il Programma Strategico nazionale.

La prima sfida è quella per la coerenza complessiva del nostro piano strategico con la proposta di regolamento per l’AI pubblicata il 21 aprile 2021 dalla Commissione europea. Da più parti si affermava che uno strumento basato su AI può considerarsi affidabile se connotato da legalità (rispettoso di leggi e regolamenti applicabili), etico (rispettoso dei principi e valori etici), robusto (in senso tecnico e dell’ambiente sociale).

La seconda problematica riguarda la responsabilità civile dei danni derivanti dall’utilizzo dell’AI, oltre che dai software. Una questione che s’interseca con il l’ampio contesto delle politiche verdi dell’Unione Europea. Un nuovo slancio a questi temi deriva dalla pubblicazione della consultazione pubblica conclusa il 10 gennaio 2022, rivolta a produttori, sviluppatori di software e altre imprese (soprattutto PMI).

In conclusione

E di queste tematiche dovrebbe tener conto il gruppo di lavoro che si sta occupando di implementare il Programma Strategico sulla AI in Italia. Il livello di digitalizzazione di un Paese rappresenta ormai un indice-chiave di valutazione del grado di sviluppo con cui i governi devono confrontarsi. Anche l’Italia si troverà davanti a un’opportunità senza precedenti per sviluppare tecnologie come l’AI e la Blockchain, grazie alle risorse del NextGenerationEU, il piano di ripresa dell’economia europea con finanziamenti, per il periodo 2021-2027, di oltre 2mila miliardi di euro.

Primo importante segnale in tal senso è sicuramente il fondo di 45 milioni di euro, stanziato come previsto dal decreto attuativo. Da apprezzare il fatto che il decreto riserva preliminarmente una quota di finanziamenti alle attività situate nel Sud Italia e nelle isole (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia). Con la speranza che questo stanziamento possa fungere da apripista per il rilancio della strategia nazionale, anche nello sviluppo di un più ampio processo di transizione al digitale in Italia.

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IoT aziende, l’Italia è sempre più all’avanguardia. Scopri cosa sta succedendo

In Italia, il mondo IoT aziende sta decollando. E tra i segmenti di mercato contraddistinti da maggiore dinamismo, possiamo annoverare le Smart Home e Smart Factory. Infatti, l’offerta di soluzioni IoT è molto dinamica e in continuo sviluppo, anche grazie alle numerose startup presenti. Giulio Salvadori, direttore dell’Osservatorio Internet of Things ha dichiarato: «Il mercato italiano dell’Internet of Things è in pieno sviluppo. Prosegue a ritmi sostenuti la crescita di mercato in termini di valore e di maturità dell’offerta, si evolvono le tecnologie e si espandono le reti di comunicazione Lpwa (Low Power Wide Area) a cui si affiancano le sperimentazioni 5G».

I servizi basati sull’IoT rappresentano, appunto, una leva non indifferente: accanto alla gestione di dati in Cloud affiorano applicazioni più evolute, ad esempio per il monitoraggio dello stato di occupazione dei parcheggi in città, e per la manutenzione predittiva dei macchinari nelle fabbriche.

Un recente report di IOT Signal descrive i vari Paesi che stanno effettuando questa transizione, e si sofferma in particolar modo sulla situazione in Italia. Vediamo insieme quali sono i dati evidenziati dallo studio.

La classifica dei Paesi adottanti

Oggi l’IoT è ampiamente adottato a livello globale, con Australia, Italia e Stati Uniti in testa alla classifica. In merito alla percentuale di progetti in fase di utilizzo, gli Stati Uniti sono in cima con il 27% rispetto a Spagna (22%) e Australia (18%).

L’incremento dell’utilizzo dell’IoT è notevole negli Stati Uniti: il 78% delle aziende prevede di utilizzare maggiormente l’IoT nei prossimi due anni. E solo il 53% delle aziende tedesche, con il 51% delle imprese giapponesi, ha già pianificato di aumentare l’utilizzo entro il 2023.

Le tempistiche di utilizzo non sono da meno. L’Italia è in testa alla classifica, con una media di 10 mesi per arrivare alla fase di utilizzo di un progetto IoT. Gli Stati Uniti e la Spagna impiegano 11 mesi, e in Giappone s’impiegano mediamente 12 mesi. La Cina e l’Australia raggiungono la meta dopo 16 mesi: occorre più tempo perché è necessaria una conoscenza dell’IoT più approfondita.

Perché le imprese italiane adorano l’IoT?

Gli elementi principali che spingono le aziende italiane ad avviare progetti IoT consistono nella possibilità di ottenere benefici di efficienza (75%) e di efficacia (58%). Tuttavia, sono ancora tante le aziende che indicano come ostacolo all’adozione la mancanza di competenze.

Poche, invece, le imprese italiane che vogliono sviluppare competenze IoT al proprio interno con l’assunzione di personale specializzato o mediante programmi di formazione per le risorse disponibili in azienda.

IoT, i benefici per le aziende italiane

Dall’adozione sempre più diffusa delle tecnologie IoT, tutte le aziende italiane possono trarre evidenti benefici. Possiamo citarne alcuni dei più ricorrenti:

  • Ottimizzazione e gestione dei processi produttivi;
  • Monitoraggio asset produttivi e verifiche sulla produzione;
  • Manutenzione predittiva per anticipare e prevenire eventuali guasti;
  • Maggiore sicurezza sul lavoro;
  • Sensibile riduzione dei costi;
  • Stoccaggio e imballaggio merci smart mediante automazione.

Insomma, la tendenza sempre più diffusa nel ricorso alle soluzioni IoT, in tanti settori diversi, è sempre più avvertita dalle aziende, che in Italia spiccano per velocità di esecuzione e messa in opera. E c’è da scommettere che, presto, questi dati saranno amplificati dalla necessità via via crescente di gestire grandi quantità di dati da parte delle imprese.

Una rivoluzione ancora in corso, ma che sta prendendo piede anche grazie alla lungimiranza e alla grande spinta verso l’innovazione che caratterizza il tessuto imprenditoriale e produttivo italiano.

NFC

Tappi intelligenti per il settore Fashion: smart caps con NFC per potenziare l’engage economy

I tappi intelligenti, che incapsulano il tag NFC per inaugurare nuove forme di comunicazione e di servizio, stanno spopolando. La tecnologia IoT, infatti, permette al mondo della moda di offrire ai clienti messaggi personalizzati con lo storytelling dei prodotti attraverso mezzi digitali, in un modo più sostenibile e rispettoso dell’ambiente.

Inoltre, i “tappi intelligenti” costituiscono oggetti di design nonché prodotti parlanti, capaci di comunicare con gli smartphone in maniera semplice e intuitiva. Per il mondo Fashion e Luxury, quindi, la tecnologia IoT offre nuove opportunità di marketing, grazie al tag NFC integrato nel tappo, che permette di caricare informazioni associate alla tracciabilità di ogni prodotto e alle comunicazioni a valore aggiunto.

Tappi intelligenti, perché fanno la differenza?

Per prodotti come cosmetici, profumi, vini o liquori, l’identificazione a radiofrequenza integrata è univoca e abilita lo smart packaging, consentendo ai brand di potenziare la condivisione d’informazioni in modalità end-to-end. I dati inseriti nel tag NFC permettono di certificare in tempo reale l’unicità, originalità e autenticità di ogni singolo prodotto, tutelando brand e consumatori dalla contraffazione, dal mercato nero o da fenomeni come l’italian sounding, che sempre più spesso minacciano il Made in Italy nel mondo. La marcia in più viene dall’utilizzo della tecnologia NFC per offrire una nuova chiave di servizio anche sul front end, ai consumatori finali.

Smart cap per trasmettere informazioni

Se il cliente acquista un regalo, utilizzando un’app dedicata i commessi in negozio possono inserire nel tag un messaggio testuale personalizzato. Sul tag possono esserci anche altri tipi di messaggi multimediali, tra cui script, immagini, illustrazioni, schede prodotto, pagine web, video su Youtube e via dicendo. Il tappo diventa utile, perché contiene un messaggio-ricordo che dura nel tempo. Per i produttori e distributori questa opportunità limita la necessità di stampare volantini o brochure cartacee, adeguandosi a una filosofia paperless, decisamente ecologica.

Un bottonificio innovativo

I tappi intelligenti sono stati ideati da Caps & Fashion, divisione del bottonificio Corna & Fratus, azienda attiva nel settore da trent’anni. Fondata nel 1976 da PierLuigi Corna, presidente attuale, nelle vicinanze di Bergamo all’interno della cosiddetta Button Valley, è una realtà imprenditoriale italiana esemplare. Con oltre 200 ricamatrici interne ed oltre 300 esterne, ha anche un laboratorio di ricerca e sviluppo avanzati.

Un grande punto di forza è l’agilità organizzativa, in grado di sviluppare prototipi e campionari in maniera estremamente flessibile e adattiva. In questo modo, Corna & Fratus riesce a garantire le stesse caratteristiche di qualità e servizio a livello internazionale. Inoltre, nel rispetto degli standard qualitativi Reach, l’azienda ha stretto un accordo con la filiale SGS di Guangzhou, dove è possibile effettuare ogni tipo di test a tariffe agevolate.

Qualche anno fa, dunque, è arrivata l’idea di creare tappi smart, integrando un chip NFC in una linea brevettata, per rendere unico e immediatamente riconoscibile un prodotto di lusso. Per questo hanno stretto una partnership con Tracetoo, system integrator specializzato in tecnologie IoT e sistemi per la lotta alla contraffazione.

L’evoluzione dello smart packaging

La Radiofrequency IDentification (RFID), di cui l’NFC è una deriva oggi più diffusa per i pagamenti elettronici, è una tecnologia che viene ampiamente utilizzata a supporto della lotta alla contraffazione. Infatti, sistematizzare la condivisione d’informazioni relative a provenienza dei prodotti, sistemi di lavorazione e modalità di distribuzione, consente di velocizzare la movimentazione delle merci e di elevare i livelli di sicurezza nell’ambito dell’antitaccheggio e della falsificazione. Queste soluzioni funzionavano molto bene a livello di backend, e non sul frontend. I clienti, infatti, non avevano le stesse dotazioni tecnologiche degli operatori.

Con Vericode, TraceToo è riuscito a dare la migliore risposta tecnologica a questa esigenza: attraverso una piattaforma di gestione in cloud e l’uso di un QR code leggibile tramite dispositivi mobile, difende i prodotti dalla contraffazione, abilitando un sistema di certificazione garantito e immediato.

Strategie omnicanale 4.0 per l’engage economy

Da notare che i dispositivi mobili NFC sono 2 miliardi, e attualmente anche Apple ha aggiunto la funzionalità NFC a tutti i nuovi iPhone a partire da iPhone XS, XS Max e XR. Dopo l’inizio della pandemia, inoltre, c’è stata un’impennata nell’utilizzo dell’NFC anche per casi d’uso legati a strategie omnicanale 4.0. I tappi intelligenti, dunque, sono l’ultima frontiera di una gestione non solo data-driven, bensì anche vicina all’evoluzione dei consumatori che cercano sempre nuove emozioni. Quindi, per un customer engagement management più spinto, il tag NFC consente di costruire nuove soluzioni di attrazione in chiave personalizzata e a valore aggiunto per i brand del lusso e della moda.