Economia circolare e blue economy

Quando parliamo di economia circolare e blue economy, ci riferiamo anche a come innovare con l’intelligenza artificiale e l’IoT negli ambiti legati ai nostri mari e oceani. Oggi le applicazioni e le nuove opportunità sono in costante evoluzione: vediamo di capire qualcosa in più.

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Economia circolare e blue economy: partiamo dall’inizio

L’utilità dell’intelligenza artificiale e IoT per rendere più sostenibile l’economia circolare e la blue economy è già nota. E non solo: l’applicazione delle tecniche AI può offrire nuove opportunità economiche, mobilitando le aziende innovative più attente all’ambiente.

Gli oceani, infatti, ricoprono 3/4 della superficie terrestre, e da solo il plancton produce circa il 50-80% dell’ossigeno presente sul pianeta. Da mari e oceani si ricava cibo che sta alla base della dieta di circa 3 mld di persone. Per questo, oltre 1/3 della popolazione globale vive entro 100 km dalla costa.

Questo significa produzione, commercio, industrie e l’ampliamento del giro d’affari. E le attività legate ai mari portano ricchezza anche in ambito lavoro e occupazione. Non a caso, oggi si stima che l’economia blu valga più di 1.500 miliardi di dollari l’anno su scala globale e che raddoppierà entro il 2030, raggiungendo 3.000 miliardi di dollari.

Un ecosistema sempre più a rischio

Eppure, non trattiamo sempre bene un tesoro così prezioso. L’inquinamento e i cambiamenti climatici, infatti, stanno mettendo in crisi gli ecosistemi. Queste problematiche, unite alla pesca illegale, rischiano di pregiudicare i delicati equilibri di piante e animali acquatici.

Per riequilibrare, almeno parzialmente, una situazione così complessa possono venire in nostro aiuto l’AI e l’IoT. I campi di applicazione nell’economia circolare e blue economy sono numerosi, dal monitoraggio climatico all’esplorazione sottomarina. Vediamo ora cosa sta succedendo dalle nostre parti, e cioè in Europa.

Blue economy in Europa

L’economia circolare e blue economy sono particolarmente importanti per l’Europa. Secondo il report dedicato della Commissione Europea, infatti, i mari generano un fatturato di circa 667,2 mld di euro e 183,9 mld di euro come valore aggiunto lordo. Rispetto agli USA, l’UE pesa quasi il doppio. I settori più importanti includono la pesca, la costruzione e riparazione navale, le attività portuali, il trasporto e il turismo.

Inoltre, sono sempre più rilevanti i settori innovativi che includono energia rinnovabile, biotecnologie acquatiche, desalinizzazione, difesa marittima, sicurezza e sorveglianza, ricerca e infrastrutture.

Ottimizzare la blue growth

Per sostenere questo comparto, utilizzando in modo sostenibile il potenziale economico dei mari, nel 2019 l’UE ha avviato una strategia denominata “Blue Growth“. Focalizzata su innovazione, investimenti e creazione di posti di lavoro, promuove la collaborazione tra la ricerca e lo sviluppo tecnologico.

In tal senso, l’AI e l’IoT potrebbero essere impiegate per ottimizzare la gestione degli oceani, migliorando la sostenibilità in questo settore. Lo ha evidenziato il report Blue Economy and Blue Growth 2023 curato dall’INTEC con Minsait. Vediamo insieme, quindi, alcune delle tendenze più importanti nell’uso dell’intelligenza artificiale e IoT per la blue economy.

IoT per la blue economy

Nell’ambito della cosiddetta “blue growth”, l’intelligenza artificiale e l’IoT possono aiutare a gestire meglio i tesori dei fondali. L’AI viene utilizzata per finalità tra cui la pesca, l’acquacoltura e la biodiversità, consentendo la comprensione e gestione di queste risorse.

Inoltre, la pesca e l’acquacoltura sono tra gli aspetti più importanti dell’economia blu. I prodotti generati ammontano a 214 mln di tonnellate, garantendo profitti per circa 151 mld di dollari e dando lavoro a circa 58,5 mln di persone nel mondo.

AI e IoT vengono applicati anche per ottimizzare le operazioni di acquacoltura. La produzione, il monitoraggio e il controllo dei parametri (alimentazione, qualità dell’acqua e salute dei pesci) vengono gestiti meglio per migliorare l’efficienza dell’acquacoltura e ridurre l’impatto ambientale.

Altre applicazioni

L’intelligenza artificiale e il machine learning sono utilizzabili anche per prevedere le condizioni oceaniche e climatiche, anche per conoscere le correnti oceaniche e i cambiamenti del livello del mare.

Anche la ricerca e l’esplorazione subacquea sono molto interessanti per raccogliere dati in ambienti difficili. Veicoli sottomarini autonomi e sistemi AI possono analizzare immagini e dati per identificare specie marine, studiare ecosistemi e scoprire nuove risorse.

La robotica connessa all’AI è tra gli sviluppi più interessanti. I robot sottomarini vengono utilizzati anche per ricerche scientifiche, esplorazione di petrolio e gas, sorveglianza delle frontiere. La crescita delle prospettive d’impiego è confermata dalle stime di crescita della robotica subacquea. E il valore di questo settore, secondo il Blue Economy UE Observatory, dovrebbe passare da 2.685 mld di dollari (2020) a 6.719 mld di dollari nel 2028.

Economia circolare e blue economy

La blue economy del futuro: startup e innovazione

Le applicazioni AI sono utilizzate da varie startup per unire l’innovazione tecnologica alla sostenibilità. Esse si concentrano in settori quali l’acquacoltura, la pesca sostenibile, le biotecnologie marine, l’energia rinnovabile marina e il monitoraggio dell’ambiente marino.

Anche in questo senso l’Europa è leader in termini di imprese innovative per la blue economy, poiché detiene il 39% della quota mondiale e produce il maggior numero di operazioni in fase iniziale.

L’innovazione in Italia e in Europa

Tra le varie startup innovative emerse negli ultimi anni è da notare la deep-tech italiana Wsense, nata presso l’Università di Roma “La Sapienza”. Un progetto vincitore del Blueinvest Award della Commissione Europea per l’osservazione, la raccolta e l’analisi di dati marini.

WSense si definisce “pioniera delle reti wireless sottomarine e dell’Internet of Underwater Things”. Infatti, detiene una tecnologia per acque profonde con cui può “implementare e gestire un’infrastruttura Internet sottomarina senza fili fino a 3.000 m di profondità di sistemi che non impattano sui fondali”.

E tra le startup europee di rilievo c’è anche la Blue Ocean Seismic Services, che ha sviluppato nodi sottomarini non impattanti per raccogliere dati di alta qualità dai fondali. Strumenti fondamentali per sviluppare parchi eolici offshore, cattura e stoccaggio del carbonio.

In conclusione

Anche a livello internazionale l’innovazione non si ferma. In particolare, è da notare anche Aquabyte, società che impiega l’intelligenza artificiale e la computer vision per l’acquacoltura. E poi c’è Blue Robo0cs, una società che sviluppa sottomarini senza pilota. Insomma, gli ambiti di applicazione per l’intelligenza artificiale e l’IoT sono sempre più numerosi e le aziende sempre più orientate a innovare in ottica di sostenibilità.

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Attacchi informatici aziende

Gli attacchi informatici aziende in ambito IoT sono sempre più numerosi, e questo a causa della vulnerabilità che contraddistingue la maggior parte dei dispositivi IoT. Vediamo insieme cosa si rischia e come proteggersi.

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Attacchi informatici: un fenomeno in crescita

Secondo uno studio condotto da Check Point Research, divisione di Check Point Software, il 2023 ha visto crescere su scala mondiale i cyber attack settimanali verso dispositivi IoT in numerosi settori, in particolare per il Retail.

Infatti, ormai la tecnologia IoT è parte integrante delle nostre vite, grazie all’espansione dell’utilizzo di questi dispositivi. Eppure, per questa ragione, negli ultimi anni si è registrato anche un aumento dei cyber attacchi e attacchi informatici aziende, tramite lo sfruttamento di diverse vulnerabilità.

Uno dei fattori che contribuiscono a questo aumento è la digital transformation nei settori dell’istruzione e della sanità durante la pandemia. Quest’operazione, purtroppo, spesso avviene senza tenere in considerazione le misure di sicurezza, generando delle vulnerabilità nei sistemi.

I dispositivi a rischio

Gli hacker (o, per essere precisi, cracker) sanno bene che i dispositivi IoT sono tra gli elementi più vulnerabili delle reti e che molti non sono adeguatamente protetti. Videocamere e stampanti, ad esempio, possono fungere da accesso diretto per eventuali violazioni. Infatti, sono un primo livello di accesso per i potenziali ladri, che possono introdursi e attaccare la rete.

Attacchi informatici aziende

Attacchi informatici aziende: i numeri

Solo nei primi due mesi del 2023, in media il 54% delle aziende – quasi ogni settimana – è stata oggetto di questi attacchi hacker. Parliamo di quasi 60 violazioni settimanali rivolte ai dispositivi IoT, +41% rispetto al 2022, oltre il triplo di quelle del 2021. I dispositivi a rischio sono soprattutto router, videocamere Ip, videoregistratori digitali (Dvr), videoregistratori di rete (Nvr), stampanti e non solo. Anche speaker e videocamere Ip, molto utilizzate negli ambienti di lavoro, offrono potenziali punti di accesso.

Quanto costa un attacco hacker? E quanto si rischia nel settore IoT? Le risposte possono essere molteplici, poiché tutto dipende dalla complessità e dall’estensione della rete che si utilizza.

Dove avvengono i crimini

Questo trend è stato osservato in tutte le regioni italiane e in tutti i settori. L’Europa è l’area che oggi subisce il maggior numero di attacchi a dispositivi IoT, con quasi 70 attacchi per azienda in media a settimana. Segue l’Apac con 64, l’America Latina con 48, il Nord America con 37 (area con maggiore aumento dal 2022: 58%) e l’Africa con 34.

I settori più colpiti

Se parliamo dei settori più colpiti, è da notare che l’Education and Research sta affrontando un incremento notevole di problematiche, con 131 attacchi IoT settimanali per azienda. È più del doppio della media globale, con un +34% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, anche altri settori stanno subendo queste violazioni. La maggior parte di vittime registra una crescita rilevante rispetto al 2022, in particolare il comparto Retail (con un +66%).

Come puoi proteggerti dagli attacchi informatici?

Per prevenire gli attacchi informatici o tutelarsi anche in fase di ripristino del sistema, è sempre consigliabile ingaggiare un team di professionisti in grado di contrastare e prevenire le violazioni e potenziali rischi. Non sempre, infatti, un backup può essere sufficiente ad affrontare ramsomware e altre minacce.

Se oggi le informazioni e i dati viaggiano via web, altrettanto devono fare gli esperti che possono mettere in campo azioni e sistemi di sicurezza efficaci. Se pensi che la tua organizzazione possa essere a rischio, mettiti subito in contatto con un esperto da qui.

Dispositivi IoT

Spesso i dispositivi IoT, ovvero i prodotti dell’Internet of Things, vengono ritirati dal mercato o il fornitore software di riferimento smette di supportarli. Vediamo cosa accade ai dati degli utenti, e cosa fare in questi casi.

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IoT e obsolescenza programmata

Se, pur usandolo, non sai esattamente cos’è un dispositivo IoT, ti consigliamo di recuperare questo articolo o di leggere la definizione che segue:

I dispositivi connessi sono parte di una rete di oggetti che compone l’Internet of Things (IoT), e sono dotati di tecnologie che consentono di trasmettere e raccogliere dati, da e verso altre cose e sistemi. Esempi di dispositivi IoT sono smartphone, frigoriferi intelligenti, smartwatch, fit band, allarmi antincendio, serrature e biciclette intelligenti, sensori medicali intelligenti e assistenti virtuali tra cui Alexa, Google Home e altri.

Anche se un tempo gli oggetti di uso comune duravano a lungo (le televisioni a tubo catodico anche 15 anni senza dare alcun problema), oggi non è più così. Ad esempio, dopo tre anni una smart TV può iniziare a presentare dei bug. Le app si bloccano, inizia il buffering rallentato durante lo streaming, il sistema non si aggiorna, ecc. Anche i gadget elettronici generalmente durano poco: dopo due anni la batteria si scarica più facilmente, il caricamento delle schermate è lento e appaiono dei glitch.

L’obsolescenza programmata degli smartphone e dispositivi elettronici è uno dei principali problemi dell’Internet “delle Cose”. Una rete composta sempre più da dispositivi e applicazioni che dopo un periodo di tempo smettono di funzionare come dovrebbero, oppure che non vengono più aggiornati perché non è conveniente per l’azienda stessa che li ha prodotti. Di esempi ce ne sono tantissimi: dagli speaker intelligenti che non ricevono aggiornamenti e sono potenzialmente pericolosi, fino alle lampadine smart.

Rischio sicurezza e protezione utenti

L’obsolescenza programmata è un argomento molto dibattuto in questi ultimi anni, e non solo per l’impatto ambientale. Alcune nazioni pensano addirittura a una soluzione legislativa per regolare la protezione dei dati e il rilascio degli aggiornamenti.

Il Regno Unito, ad esempio, ha avanzato una proposta di legge per migliorare la sicurezza IoT, contenente tre regole valide per tutti i fornitori nel mondo:

  • le password per l’accesso ai dispositivi devono essere univoche;
  • occorre supporto per la segnalazione di bug;
  • il periodo di tempo minimo per gli aggiornamenti dev’essere stabilito chiaramente.

Gli USA, invece, per ora si limitano ai dispositivi connessi utilizzati dal governo. Tuttavia, nessuno ha ancora risolto il problema di quello che succede quando il dispositivo acquistato viene ritirato dal mercato o viene interrotta la produzione. E se il fornitore esce dal mercato, o se viene hackerato? La sicurezza degli utenti è messa a rischio ed è necessario trovare una soluzione che vada bene a tutti.

Dispositivi IoT

Misconfiguration, vulnerabilità tipica dell’IoT

Facciamo un esempio concreto per comprendere i rischi a cui si può essere esposti. La mancata configurazione dei dispositivi IoT da parte dell’utente induce alle vulnerabilità chiamate “di misconfiguration”.

Può accadere che nel suo dispositivo IoT un utente poco attento non modifichi la password via Internet. Un problema serio poiché i fornitori poco prudenti impostano un’unica chiave di accesso per tutti i dispositivi venduti.

Lo stesso avviene se si utilizza una password debole: il produttore non dovrebbe consentire di impostare password facilmente indovinabili.

Conviene investire in un ecosistema IoT?

Capire se conviene investire in un ecosistema IoT è un’operazione complessa, anche se il budget necessario non è necessariamente elevato. Questo perché l’incertezza sulla durata di un dispositivo IoT aumenta se il costo del dispositivo è notevole.

Prendiamo, ad esempio, i robot aspirapolvere di fascia alta con Wi-Fi e tecnologia di navigazione avanzata. Il costo può arrivare fino a 1.000 euro e di rado la durata è superiore a due anni. Se il problema interessa i privati, per le aziende può diventare ancora più azzardato ipotizzare un sistema complesso unendo più dispositivi.

Posso ancora usare vecchi dispositivi IoT?

Anche gli esperti stanno analizzando il problema: Frank Gillett della Forrester Research ha dichiarato che per le aziende supportare una tecnologia vecchia ha un costo elevato. E i fornitori di dispositivi devono garantire sempre più servizi agli utenti. Infatti, devono garantire applicazioni per controllare i dispositivi da remoto e collegarli ad altri. La realizzazione di queste app necessita però di costi aggiuntivi.

Questo significa assumere programmatori, sviluppatori e professionisti esperti. Anche perché occorrono aggiornamenti costanti per rendere l’app affidabile. Costi difficili da sostenere: per questo, spesso si decide di non supportare più un dispositivo dopo pochi anni. Così l’utente deve acquistare quelli nuovi per non rischiare di perdere i dati.

Dispositivi IoT non supportati, cosa fare

Se i tuoi dispositivi basati su IoT non funzionano più, occorre adeguare il tuo ecosistema IoT con nuove soluzioni in grado di fare fronte a minacce e requisiti di funzionamento in modo adeguato. Il problema può trasformarsi in opportunità, soprattutto se consulti professionisti esperti.

Per fare una checklist dei materiali e software occorrenti per mettere in piedi un sistema performante, contattaci e richiedi maggiori informazioni.

Smart car

Il settore delle smart car, proprio come i veicoli, è in costante movimento. Ora SmartEye vuole monitorare i segni vitali dei conducenti alla guida, a supporto della sicurezza stradale.

La società svedese fondata nel 1999 si occupa infatti di sviluppare Human Insight AI. Parliamo di una tecnologia capace di comprendere, supportare e prevedere il comportamento umano all’interno di ambienti complessi. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.

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Smart car, sviluppata una metrica rivoluzionaria

Smart Eye ha sviluppato una metrica proprietaria rivoluzionaria per il sistema di monitoraggio degli automobilisti chiamato DMS. Un’innovazione presentata anche a InCabin Brussels.

Questa funzionalità include la rilevazione dei segnali vitali nel software DMS di Smart Eye. Così garantisce il monitoraggio da remoto sia della frequenza cardiaca che di quella respiratoria. L’integrazione di questi indicatori fisiologici è volta ad aumentare la sicurezza su strada e garantire maggiore benessere per i conducenti.

Questa soluzione risponde alle richieste dei produttori OEM. Smart Eye, infatti, ha sviluppato la nuova metrica all’avanguardia per analizzare elementi importanti per la salute e la sicurezza del conducente.

Smart car

DMS di Smart Eye, come funziona

Grazie al costante monitoraggio dei segnali fisiologici, la nuova funzione per le smart car consente l’individuazione preventiva di malori improvvisi o di comportamenti poco attivi durante la guida.

In questo modo è possibile salvare vite umane nelle situazioni in cui i conducenti sono vittime di condizioni di salute sfavorevoli e improvvise (attacchi cardiaci, convulsioni). E dato che il sistema semplifica l’invio di informazioni a seguito dell’incidente, i soccorritori possono intervenire con operazioni di emergenza più efficaci.

Con l’apporto dell’intelligenza artificiale, il software utilizza algoritmi avanzati e riesce a decifrare con precisione i segnali fisiologici.

Tecnologie avanzate per cars smart

Tutto questo grazie alla fotopletismografia remota (rPPG), un sistema basato sulla fotocamera senza contatto che studia le variazioni della luce sulla pelle per stimare la frequenza cardiaca dell’automobilista. In questo modo si ottiene l’analisi dei micromovimenti, per rilevare le piccole variazioni nei movimenti dovuti al respiro o all’attività del polso, impercettibili per l’occhio umano.

Inoltre, per ottenere un’esperienza utente più discreta, la tecnologia di Smart Eye è stata dotata di luce infrarossa con lunghezza d’onda 940 nanometri, utilizzata per la rilevazione dei riflessi sulla pelle. Così il rilevamento è affidabile anche in condizioni di luce complesse in un veicolo in movimento, dovute all’oscurità o luce solare intensa.

Smart Eye offrirà soluzioni avanzate

In particolare il CRO di Smart Eye, Henrik Lind, ha spiegato che “integrando il rilevamento della frequenza cardiaca e respiratoria nel software del sistema di monitoraggio del conducente […] forniamo uno strato ancora più approfondito d’informazioni sullo stato e sulla salute del conducente”.

Per farlo vengono utilizzati metodi avanzati, tra cui rPPG e l’analisi dei micro-movimenti. Il software, quindi, rileva anche i più piccoli cambiamenti fisiologici in tempo reale.

Molto richiesta dall’industria automobilistica, questa tecnologia consente agli OEM (produttori di apparecchiature originali) di reagire efficacemente al problema delle emergenze sanitarie alla guida, garantendo un’esperienza più sicura.

Il potenziale

Smart Eye ha presentato questa nuova funzionalità a InCabin Brussels, evento di settore svoltosi nel giugno 2023. E in questo modo ha offerto ai visitatori l’opportunità di capire in che modo il software registra da remoto le frequenze cardiache e del respiro real-time. Le metriche sono state mostrate su uno schermo per raccontare il potenziale di questa tecnologia. Così, infatti, sarà possibile rivoluzionare i sistemi di monitoraggio dei conducenti e garantire una migliore sicurezza stradale complessiva.

La metrica DMS costituisce un progresso significativo nell’ambito IoT per il monitoraggio delle persone alla guida. Infatti, analizzando costantemente cuore e respiro, può rilevare tempestivamente eventuali emergenze sanitarie e migliorare i tempi di risposta qualora si verifichi un incidente.

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Smart objects

L’anno scorso il mercato italiano dell’Internet of Things (IoT) ha superato gli 8 mld di euro, raggiungendo un +13% rispetto all’anno precedente. Tutto grazie agli smart objects, nonostante la carenza di semiconduttori e materie prime, l’instabilità economica e la guerra in Ucraina.

Vediamo in questo articolo qual è l’ammontare degli “oggetti intelligenti” in Italia e come si sta evolvendo il panorama IoT del Belpaese.

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Cosa sono gli oggetti connessi (Smart Objects)?

Gli smart objects sono considerati elementi IoT attivi, digitali e connessi che, entro certi limiti, possono funzionare anche in maniera autonoma. Spesso questi integrano tecnologie elettroniche come chip, processori, sensori e non solo con tecnologie informatiche tra cui software e varie connettività.

Come riportato da Lumi4Innovation, infatti:

Un oggetto intelligente è una “cosa” che migliora l’interazione con le persone e con altri oggetti intelligenti.

Secondo Wikipedia, invece:

Conosciuti anche come prodotti connessi intelligenti o oggetti connessi intelligenti (SCoT) [gli smart objects] sono prodotti […] che consentono lo scambio di dati tra il prodotto e il suo ambiente, produttore, operatore/utente, e altri prodotti e sistemi.

In sintesi, quindi, gli oggetti “intelligenti” possono essere usati per raggiungere vari obiettivi, lasciandoli dialogare tra loro e con altre tecnologie, nonché misurare dati, trasmettere informazioni e talora attivare determinati input. I più diffusi in Italia sono, ad esempio, i contatori intelligenti, o Smart Metering, utili per misurare, gestire e fatturare i consumi di gas, acqua e calore.

Due delle caratteristiche che accomunano questi oggetti sono:

  • la capacità d’interagire con il mondo reale
  • la capacità di comunicare con gli ambienti virtuali.

Vediamo ora quanto e come vengono utilizzati.

Smart object

Gli smart objects in Italia

Secondo una ricerca dell’Osservatorio IoT della School of Management del Politecnico di Milano, attualmente l’Italia può vantare 124 mln di oggetti connessi, ovvero 2,1 per ciascun cittadino.

La maggior parte dei prodotti venduti è rappresentata dalle Smart Car, le “auto intelligenti”, che hanno raggiunto quota 1,4 mld di euro, pari al 17% del fatturato totale.

Sul podio anche le applicazioni Utility con 1,37 mld di euro: si tratta di un settore in crescita benché prossimo alla saturazione. Nel 2022, infatti, sono stati installati 1,1 mln di contatori del gas connessi all’interno di utenze domestiche, e 1,7 mln di smart meter elettrici (seconda generazione).

Seguono Smart Building, Smart City, Smart Factory e infine le Smart Home.

L’evoluzione del mercato IoT

Secondo studi recenti, i settori in maggiore crescita all’interno del mercato IoT italiano sono soprattutto la Smart Agriculture, la Smart Factory e lo Smart Building.

Alla fine del 2022 sono state attivate, infatti, 39 mln di connessioni IoT cellulari e 85 mln di connessioni relative ad altre tecnologie di comunicazione.

In ambito industriale, invece, il 77% delle grandi organizzazioni e il 58% delle PMI ha già in corso almeno un progetto IoT. Inoltre, grazie al PNRR c’è un’opportunità di crescita concreta per lavorare all’innovazione tecnologica in Italia, soprattutto rispetto alla crisi energetica in corso. Grande attenzione è volta al binomio IoT-Energy, con investimenti pari a circa 7 mld.

Perché investire negli oggetti connessi in Italia

L’innovazione rappresentata dagli oggetti connessi crea valore e genera un’accelerazione in tutti i settori. LInternet of Things è la colonna portante dell’Industria 4.0, poiché l’analisi dei dati consente di monitorare il livello di produzione e migliorare le performance aziendali più velocemente, elaborando risposte rispetto a quanto sta accadendo in tempo utile.

Per attivare un sistema aziendale di questo tipo, basterà quindi considerare alcuni aspetti di base tra cui:

  • la tipologia dei dispositivi IoT su cui investire – e questo dipenderà dal volume dei dati da classificare. In questo modo è possibile identificare i device (dispositivi) che hanno la capacità di elaborazione necessaria (potenza, portata e velocità), con un SoC (“system-on-a-chip”) o un gate da programmare sul campo matrice (FPGA).
  • il costo unitario dei dispositivi e il costo totale di proprietà
  • le condizioni strutturali e ambientali in cui utilizzarli.

A questo punto, se sulla base di valutazioni economiche e di efficienza si considera più performante una soluzione basata sull’IoT, si può passare a cercare un partner IoT affidabile con cui iniziare un percorso di miglioramento ed evoluzione.

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Security IoT

La security IoT non è più soltanto una questione di protezione degli asset. La videosorveglianza diventa utilizzabile in vari ambiti, dalla smart city all’industria 4.0. Andiamo a scoprire come.

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Security IoT, nuovi investimenti

Sono molte le voci del PNRR che potranno avvalersi delle tecnologie nell’ambito della Security IoT. Il settore dei trasporti è uno di quelli a cui sono indirizzati importanti investimenti (25,40 mld di euro), grazie alla Missione 3 del PNRR per la mobilità sostenibile. Tuttavia, non è l’unico settore che beneficerà di tali misure.

La ragione è facilmente individuabile nel cambiamento assunto dalle telecamere nei processi di digitalizzazione. Anche se la tecnologia è ancora usata nella protezione degli asset, le telecamere ora vengono considerate come sensori IoT che forniscono dati per migliorare la vivibilità e la mobilità negli ambienti urbani. Oggi, infatti, concetti come Smart City oppure Smart Road sono di uso quotidiano.

Telecamere e ottimizzazione dei processi

Così, i dispositivi e le soluzioni IoT collegate alla videosorveglianza diventano un valido supporto per logistica e trasporti, nonché dell’intera area a cui si riferisce la Missione 1 del PNRR. Si tratta di ben 40,32 mld di euro che possono dare una spinta fondamentale al rilancio della produttività e competitività. E la vera opportunità è legata all’ottimizzazione dei processi industriali, ovvero all’Industria 4.0.

Il ruolo delle telecamere, in questo processo di ottimizzazione, raggiunge un segmento più ampio di quello della security. Un incrocio con altre tecnologie tra cui la Realtà Aumentata (AR), molto promettente per le opere di manutenzione e per la formazione.

Il concetto di “beyond security” sarà quindi sempre più presente nel 2023 per il mercato della videosorveglianza, insieme a quello di “Security IoT”.

Security IoT

I nuovi trend per la videosorveglianza

Un altro trend è quello connesso strettamente all’utilizzo massivo dell’Intelligenza Artificiale nelle analisi, che avviene direttamente sul prodotto (on edge). Ad esempio, la chiamata a un servizio di emergenza in seguito a un incidente può partire autonomamente. Il traffico nelle smart city può essere gestito in modo diverso, e la distribuzione del personale all’interno di un retailer può essere ottimizzata, senza dimenticare l’energy saving nell’illuminazione pubblica.

Esistono lampioni collegati a circuiti video in cui la telecamera-sensore riconosce il passaggio di un’automobile o di un pedone. Ricevuto l’input, i lampioni si accendono. Inoltre, con il 5G si abbasserà la latenza e si aumenterà la velocità di banda, per cui le smart city si riempiranno di esperienze concrete.

Dalla security alla geopolitica

Per ora non dovrebbero esserci evoluzioni tecnologiche in grado di superare la risoluzione in 4K, tuttavia non vanno sottovalutati i trend macroeconomici e geopolitici che influenzeranno tutti i mercati.

Ad esempio, l’inasprimento delle proibizioni è sbarcato anche in Europa, dove alcuni paesi hanno annunciato limiti alla tecnologia cinese in alcuni progetti governativi sensibili. Una situazione come questa, unita al rischio di cyber attack, rappresenta uno dei trend geopolitici che hanno riscontro anche nel settore della videosorveglianza.

Un altro trend da tenere d’occhio è quello legato all’incremento dei prezzi, che interessano l’intera catena di fornitura, dalle singole componenti ai trasporti e all’incertezza globale. Infine, la carenza di talenti nella ricerca di giovani risorse interessa tutti i comparti.

Sostenibilità: un obiettivo da raggiungere

E c’è anche una tematica che persiste da tempo e continuerà ad avere molta rilevanza negli anni a venire. Parliamo della sostenibilità, con iniziative come la SBTi – Science Based Targets, che si propone di ridurre le emissioni di CO2 entro il 2030.

Anche la certificazione EcoVadis, rilasciata da uno dei principali organismi mondiali che valutano l’impatto ambientale e sociale delle organizzazioni, sembra procedere in questa direzione.

E la sostenibilità riguarda tutta la filiera, dalla progettazione del prodotto alla ricerca delle componenti, fino alla selezione dei supplier. Inoltre, interessa la localizzazione dei centri produttivi e logistici, lo smaltimento dei prodotti e i mezzi aziendali utilizzati dagli operatori. Perché oggi, come non mai, si rende necessario aderire alla decarbonizzazione prevista dall’Accordo di Parigi per abbassare il global warming.

Un obiettivo ambizioso, che va oltre il semplice concetto della sicurezza a cui la videosorveglianza è stata associata fino ad ora.

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Partono i primi corsi di Certificazione Securho® Professional tenuti da Octopus IoT!

La prima edizione dei corsi si terrà il 17 ed il 18 Settembre 2020, presso il Mediterranea Hotel & Convention Center, nella città di Salerno.

Le due giornate di formazione vedranno la partecipazione di installatori di impianti di sicurezza ed istituti di vigilanza provenienti da tutta Italia, desiderosi di arricchire la propria offerta di prodotti e servizi con Securho®, il prodotto che sta per rivoluzionare il mondo della home security.

Vantaggi

Al termine del corso i partecipanti otterranno la Certificazione Securho® Professional, che offrirà loro numerosi vantaggi:

  • Formazione tecnica per assistenza pre e post vendita sul dispositivo Securho®.
  • Formazione sui dispositivi compatibili.
  • Accesso gratuito all’assistenza tecnica.
  • Aggiornamento costante sulle novità (rilascio di patch e di aggiornamenti).
  • Gestione remota dei sistemi di allarme installati presso i clienti tramite il portale perfortuna.it®.
  • Supporto nelle attività di marketing e customer care verso i consumatori finali.

Il programma

I lavori si apriranno giovedì 17 Settembre alle ore 09.00 con un’introduzione sulla start-up innovativa e la mission con cui è nata, tenuta dal Dott. Luigi Giuliano, CEO di Octopus IoT. Subito dopo verrà illustrata l’idea di business su cui si fonda l’intero progetto e, a seguire, verrà fatta una panoramica sul portale perfortuna.it®

La giornata di formazione proseguirà con sessioni di approfondimento sulle principali funzionalità del portale, sia in ottica di utente di tipo Consumer (Cittadini), sia di utente Business (Istituti di Vigilanza, Aziende, Installatori).

La giornata successiva (venerdì 18 Settembre) sarà, dunque, dedicata al dispositivo Securho®, che verrà illustrato nei suoi aspetti tecnici e commerciali a cura del team tecnico di Octopus IoT, con particolare focus sul servizio di telegestione.

La formazione si concluderà con il rilascio degli attestati di Certificazione Securho® Professional ai partecipanti.

I corsi si terranno, naturalmente, nel pieno rispetto delle regole dettate dal protocollo di sicurezza anti-diffusione sars-Cov-2.